Sociologia comunicativa interazionale Il contributo di Erving Goffman
Commento, Selezione e Cura Roberto Di Molfetta
Erving Goffman
Andrea Miconi Cattedra di Sociologia delle Comunicazioni di Massa Roma, Università "La Sapienza"
Erving Goffman, 1922-1982, è stato sociologo tra i più raffinati della cultura odierna; il studio fondamentale è "vita quotidiana come rappresentazione", 1959. L'idea di Goffman (frutto sia di una ricerca empirica che di una speculazione teorica) è che i gruppi sociali si dividano in due categorie: i gruppi di "performance" e i gruppi di "audience".
La vita sociale è, appunto, una rappresentazione (si parla infatti di "metafora drammaturgica"), che i gruppi sociali mettono in scena di fronte ad altri gruppi. Goffman cita l'esempio dei camerieri in un hotel delle isole Shetland (dove aveva svolto la sua ricerca). Verificando che il gruppo di performance dei camerieri, di fronte al proprio pubblico (ovvero i clienti del ristorante), inscena una rappresentazione, mostrandosi deferente, rispettoso, discreto, e così via. Questo accade in uno spazio di "palcoscenico" (cioè dove il pubblico è presente): mentre nello spazio di "retroscena", nascosto al pubblico, i camerieri hanno un comportamento del tutto diverso, molto più informale e irrispettoso. E' quanto accadeva nella cucina dello Shetland hotel.
La vita sociale, quindi, si divide in spazi di palcoscenico e di retroscena, cioè in spazi privati, in cui gli individui non "recitano", e spazi pubblici in cui inscenano invece una precisa rappresentazione. Naturalmente, il comportamento nel retroscena contraddice il comportamento pubblico: una persona insicura, ad esempio, può assumere in pubblico un atteggiamento spavaldo, e mostrarsi invece vulnerabile soltanto nel suo retroscena (ad esempio in famiglia). Secondo Goffman, quindi, la vita sociale si fonda sulla demarcazione dei confini tra palcoscenico e retroscena: infatti il gruppo di audience non deve accedere alle situazioni di retroscena che contraddicono il comportamento pubblico.
Glossa RDM: al di là di metafisica filosofica e grandi teorie sociologiche, le oggettività sociologiche interazionali considerate da Goffman possiedono, oltre una felice espressività insieme comunicativa e creativa, chiarezza e utilità conoscitiva, sia nel percorso analitico che nei risultati più specificatamente scientifici. Egli ha considerato come importante un'esperienza umana che la singola persona può esperire direttamente come parte del corpo sociale, non relegandola al ruolo angusto di dettaglio marginale della vita, in ciò raggiungendo validi risultati; considerando la comunicazione strettamente legata ai rituali sociali quotidiani, in quanto è comunicando che singoli individui formano la società (poichè i sistemi sociali non potrebbero altrimenti formarsi e avere sviluppo storico: cultura, politica, diritto sono stati creati, tra le altre cose, da trasmissioni di concetti prima non condivisi), vede determinanti, nelle interazioni quotidiane tra esseri umani, quei gesti, quelle parole, quelle modalità comunicative che, 'letteralmente', creano fatti sociali. Come generanti fattualità sociali, li analizza in modo dettagliato.
Si pensi ad un incontro di lavoro: se si considera la libertà individuale, ognuno dei partecipanti può, apparentemente, liberamente esprimersi. Ma dato che la situazione richiede uno sviluppo parzialmente previsto e prevedibile, alcuni tratti comunicativi, cosidetti situazionali, sono richiesti, per così dire, dal contesto, dal motivo di lavoro che obbliga le persone presenti, non con leggi fisiche o biologiche ma sociali e si presume, almeno superficialmente, conosciute dai partecipanti, a seguire alcune leggi sociali nel partecipare alla riunione medesima.
Queste leggi sociali, che vanno dai registri linguistici usati alle norme di bon ton, dal vestiario alle norme comunicative gestuali, alle espressioni del volto da evitare (ad esempio l'occhietto al direttore generale non sarebbe apprezzato probabilmente neanche tra amici), generano, come restrizioni strutturate all'agire individuale, in un cervello socialmente adulto ed allenato a simili situazioni, uno script, una struttura simile a quelle utilizzate per le interviste giornalistiche di grandi personaggi: tutto è si libero, ma rigidamente inquadrato all'interno di un processo comunicativo rigoroso, che prevede alternative e non improvvisazioni, parole adatte e non in libertà.
In sostanza, Goffman mostra analiticamente come le realtà quotidiane degli individui sono create dall'intricato sistema di regole fisiche, biologiche, psicologiche e sociogiuridiche, e dal modo in cui noi riusciamo a comunicare contestualmente in modo appropriato, adeguato a come gli altri partecipanti all'interazione si attendono, mettendo in pratica sia un sapere sociale relativo alle regole conosciute sia un sapere comunicativo che permette di adattare tutto il nostro repertorio comunicativo, fatto di gesti, parole, espressioni, movimenti, alla gamma di attese psicosociali oltre che tecniche che il nostro pubblico, cioé gli altri partecipanti all'interazione non attivi in quel momento, desidera percepire nella situazione considerata, cerimoniale, rituale, lavorativa, di svago o casuale che sia. RDM
Vediamo perché questo modello è importante per lo studio della comunicazione. La società, sostiene Goffman, si divide in gruppi di audience e di performance (dove ogni individuo, a seconda delle situazioni, appartiene sia a gruppi di audience che a gruppi di performance). Per appartenere ad un gruppo, quindi, bisogna condividere il suo retroscena, che è lo spazio in cui si prepara la rappresentazione pubblica. Condividere il retroscena, però, significa soprattutto conoscere i "segreti distruttivi" del gruppo (cioè quei segreti che, portati all'esterno, renderebbero poco credibile la rappresentazione): appartiene al gruppo dei camerieri chi sa quello che i camerieri fanno nel retroscena della cucina.
Infatti se un cameriere raccontasse al pubblico dei clienti i segreti del gruppo - il modo in cui i camerieri preparano le portate, il modo in cui mangiano o in cui deridono i clienti - il gruppo stesso verrebbe distrutto, perché la sua rappresentazione apparirebbe falsa e non credibile (utile, a tale proposito, potrebbe essere l'idea di clonare idealmente l'esempio e riprodurlo, a scopo di riflessione, in altre occasioni sociali, come quelle politiche o cerimoniali, nota RDM).
I segreti devono quindi rimanere all'interno del gruppo: e per questo motivo, il gruppo stesso deve comprendere, per definizione, tutte le persone che sono a conoscenza di questi segreti. Quindi, appartenere ad un gruppo sociale - un gruppo di amici, una categoria professionale, un'associazione, un circolo informale - significa soprattutto condividere i suoi segreti, cioè il suo patrimonio di conoscenze. Pertanto Goffman [...] finisce per fondare la sua sociologia sull'informazione come risorsa strategica e come criterio di differenziazione. [...]
Non è un caso che Joshua Meyrowitz, uno studioso americano autore forse dell'ultima grande teoria mediologica sulla televisione, abbia utilizzato proprio il pensiero di Goffman per costruire il suo modello di analisi del rapporto tra tv e società. In realtà, Meyrowitz parte dal superamento della sociologia goffmaniana, sostendendo che la televisione ha eliminato i confini tra palcoscenico e retroscena, rendendo visibili tutti gli angoli della società. Infatti oggi, attraverso la tv, è possibile conoscere il retroscena dei gruppi a cui non si appartiene: non è più necessario essere un medico per conoscere i segreti distruttivi della categoria dei medici (ad esempio), perché questi sono mostrati a tutti dalla televisione. Meyrowitz ha ragione nel sostenere che, rispetto al pensiero di Goffman, non esiste più identità tra luogo e informazione (come quando le notizie di retroscena circolavano, appunto, solo nel retroscena), perché la televisione ha illuminato (ed eliminato) tutti i retroscena. Tuttavia lo studio di Meyrowitz, pur superando i contenuti della sociologia di Goffman, ne ricalca in realtà il metodo, mostrando come la dinamica sociale dipenda sempre più dal modo in cui vengono distribuite le risorse strategiche dell'informazione.